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Una iniziativa nata morta. Il teatro “rudere” dedicato a Gabriele d’Annunzio dalla realizzazione alla conservazione
Conversaciones…, no. 9, pp. 201-220, 2020
Instituto Nacional de Antropología e Historia

Artículos

Conversaciones…
Instituto Nacional de Antropología e Historia, México
ISSN: 2594-0813
ISSN-e: 2395-9479
Periodicity: Bianual
no. 9, 2020

Queda estrictamente prohibida la reproducción total o parcial de los contenidos e imágenes de la publicación sin previa autorización del Instituto Nacional de Antropología e Historia.

This work is licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.5 Argentine.

Sommario: Con il crollo del fascismo e la drammatica conclusione della seconda guerra mondiale, che vide Pescara duramente bombardata, la memoria di Gabriele d’Annunzio conobbe un inevitabile declino, almeno a livello nazionale. In tutta Italia, i progetti per il monumento da erigersi al poeta vennero comprensibilmente accantonati, ma non nella sua città natale, dove venne bandito un concorso di idee per la realizzazione di un teatro all’aperto, sul modello di quelli antichi. Il concorso pescarese costituì uno spaccato interessante della ricerca architettonica contemporanea, anche se fra tutti, il progetto vincitore degli architetti Mariano Pallottini, Antonio Cataldi Madonna e Filippo Marinucci risulta il più prevedibile: forse recependo gli spunti presenti nelle messinscene all’aperto dello stesso Vate, proponeva infatti una cavea a quarto di cerchio ricavata nel terreno, con una balconata sopraelevata su telai binati, in cui «si daranno tragedie nelle quali all’assoluta modernità della ispirazione si congiunga una purezza di forma non indegna dei tempi di Atene». Il contributo ricostruisce su inedita base filologica la lunga vicenda che ha portato alla realizzazione del monumento a d’Annunzio negli anni Cinquanta, ma che è vittima di una condizione di marginalità e degrado, esito di un mancato riconoscimento da parte della cittadinanza e delle istituzioni.

Parole: teatro all’aperto, Gabriele d’Annunzio, restauro, conservazione, tutela.

Una iniziativa nata morta. Il teatro “rudere” dedicato a Gabriele d’Annunzio dalla realizzazione alla conservazione

Il monumento al poeta-eroe Gabriele d’Annunzio

Il 7 giugno 1943, a pochi anni dall’improvvisa morte di Gabriele d’Annunzio[1], avvenuta il 1° marzo del 1938, venne approvato dalle Commissioni legislative della Camera dei Fasci e del Senato del Regno il disegno di legge per l’Erezione a spese dello Stato del monumento nazionale a Gabriele d’Annunzio in Pescara.[2]

La scelta di dedicare un monumento al poeta-soldato, noto sia per un’inesauribile capacità di assimilare le nuove tendenze letterarie e filosofiche, rielaborandole con una raffinata tecnica di scrittura, sia per le sue gesta eroiche, non fu casuale: la figura di d’Annunzio ben si prestava a rappresentare un simbolo di eroismo e di sacrificio, incarnando pienamente le ideologie della politica militare fascista. Il Comandante dell’impresa fiumana, rappresentava, per una nazione segnata dalla perdita di tante giovani vite sul campo di battaglia, un esempio da imitare, su cui plasmare una strategia propagandistica di riscatto, che di lì a breve, si sarebbe rivelate poco efficace.

Con il crollo del regime fascismo, che coincise con la cattura di Mussolini il 25 luglio 1943 –solo poche settimane dopo l’approvazione del disegno di legge–, e la drammatica conclusione della seconda guerra mondiale, che vide Pescara duramente bombardata, la memoria del poeta conobbe un inevitabile declino, almeno a livello nazionale. In tutta Italia, i progetti per il monumento da erigersi al poeta vennero comprensibilmente accantonati, ma non nella sua città natale. Il merito dell’iniziativa per la sua costruzione spetta certamente alle autorità politiche locali, ma l’idea di questo genere di teatro a Pescara, sul modello di quelli antichi, va attribuita allo stesso poeta, che aveva immaginato per la città di Albano, presso l’omonimo lago, una cavea immersa nella natura preceduta dal palcoscenico e fossa orchestrale dove si sarebbero rappresentate tragedie assolutamente moderne nell’ispirazione, ma degne «dei tempi di Atene»[3] (Chiara, 1999: 113-137).

Recenti studi dimostrano come ci fosse la volontà di realizzare un monumento a d’Annunzio nella sua città natale fin dal 1936, affidando l’elaborazione del progetto allo stesso architetto che in quegli anni stava seguendo i lavori del Vittoriale, Giancarlo Maroni (Irace, 1993), anche se restano ancora molti dubbi sull’effettivo sopralluogo compiuto da quest’ultimo nella città adriatica, per studiare con attenzione il sito «anche dal cielo, con un apparecchio inviato espressamente dal Vittoriale» (Fiadino, 2019: 102).

La carenza di fondi straordinari determin la mancata applicazione della legge 647/43, che rimase disattesa per molti anni, nonostante le numerose richieste di sollecito agli organi di governo da parte degli amministratori locali. Un notevole impulso all’iniziativa si registr nel 1950, quando venne approvata all’unanimità durante la seduta consiliare del 22 giugno, presieduta dal sindaco Mario Muzii, la richiesta di dar seguito al grande consenso registrato sia in Italia sia all’estero dalle celebrazioni in onore del poeta svoltesi nel 1949 nella sua città natale, con la conseguente fioritura degli studi dannunziani. La relazione allegata alla delibera del Consiglio, a firma dall’assessore Gerardo Gentile, sottolineava con chiarezza le motivazioni che avevano spinto l’amministrazione pescarese ad adottare provvedimenti urgenti per dirimere i troppi indugi occorsi per l’erezione del monumento in onore di Gabriele d’Annunzio. «Fin dai tempi del “Fuoco” –scrive Gentile– egli pensava ad un teatro all’aperto, che fosse corollario indispensabile alla compiuta realizzazione artistica della sua arte drammatica, che si riallaccia alle grandi tradizioni del dramma greco» (A.S.Pe., 1950).

Nel 1955, a seguito della richiesta di un preventivo di massima e soprattutto di chiarimenti per definire «in qual modo si desidera concretare il monumento in questione» da parte del Ministero dei Lavori Pubblici, l’amministrazione locale decise di bandire, in ottemperanza all’articolo 4 della legge del 1943, un concorso nazionale per un teatro all’aperto, che si distinguesse «dai comuni monumenti commemorativi, per concretarsi in una grandiosa opera di interesse pubblico» (A.S.Pe., 1955) da collocarsi nei pressi del rione Pineta, di fronte al mare. Il monumento veniva destinato all’area meridionale di Pescara, che, a partire dai primi anni del Novecento, era stata ripensata come un grande quartiere «balneare-climatico» (A.S.Pe., 1911) che prendeva nome dalla prossima pineta d’Avalos, su progetto di Antonino Liberi, ingegnere, cognato di Gabriele d’Annunzio. Pur nascendo come luogo turistico, per recuperare un’area litoranea che nei primi anni del Novecento si presentava ancora paludosa e abbandonata, il rione era stato impostato sulla scia del più ampio dibattito che animava l’Europa sul tema delle “città giardino”, ospitando sia residenze private, sia luoghi di svago. Lo stesso Liberi, nel presentare il progetto in Consiglio Comunale, rammentando l’affetto di d’Annunzio per la pineta, propose di riservare «presso il parco all’estremo limite verso del mare una grande area […] perché vi sia costruita la sua villa quando il grande fratello ritornerà in patria». Sempre in onore all’illustre concittadino, propose di attribuire alle vie del rione i nomi delle sue opere, e di dedicare a Francesco Paolo Michetti il piazzale antistante lo stabilimento balneare Kursaal (A.S.Pe., 1912)[4].

Il teatro dal concorso alla realizzazione

Il bando pubblicato il 15 dicembre 1955[5], redatto su iniziativa delle amministrazioni Comunale e Provinciale e dell’Ente Provinciale per il Turismo[6], prevedeva un progetto di massima per un teatro commemorativo dedicato a d’Annunzio, con una capienza non inferiore a tremila posti a sedere e la sistemazione dell’area circostante a verde pubblico, comprensiva di parcheggi. Il costo complessivo venne stimato intorno ai 250 milioni di lire.

La Commissione giudicatrice, presieduta dall’allora sindaco Antonio Mancini, era composta da Giovanni Iannucci, presidente della Provincia, da Pasquale Carbonara, per il Consiglio Nazionale degli Architetti, da Augusto Angelini, architetto della Soprintendenza Regionale, da Camillo Michetti per il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dal maestro Giovacchino Forzano, drammaturgo e regista[7], e dall’ing. Ilari per il Comune.

Fra i trentadue progetti presentati, la Commissione proclam vincitore il progetto “G” degli architetti Mariano Pallottini, Antonio Cataldi Madonna e Filippo Marinucci, a cui venne assegnato un premio di un milione di lire. Ad “Adriatico Selvaggio”, del gruppo Maria Bompiani, Cecilia Varetti, con la collaborazione di Carlo Bompiani, venne conferito il secondo premio da 500.000 mila lire, mentre a “Le Pleiadi”, dell’architetto Robaldo Morozzo della Rocca con la consulenza dell’ing. Aldo Assereto, venne attribuito il terzo premio di 250.000 lire[8].

Tutti i progetti vennero pubblicati[9] in L’Architettura. Cronache e storia del 1958, attestando un riconoscimento, almeno parziale, da parte di Bruno Zevi del progetto vincitore, forse per l’assenza di monumentalità celebrativa (Carbonara, 1958: 322-327). È indubbio che i lavori presentati si inserivano pienamente nello spirito del tempo: gli anni Cinquanta del Novecento rappresentarono un passaggio significativo nella storia del costruire, in cui la convergenza tra ingegneria e architettura sembrava potersi finalmente realizzare, anche grazie alle ricerche svolte nel campo della ricerca strutturale. Le sperimentazioni tecniche consentirono ai progettisti di abbandonare le geometrie lineari, prediligendo forme piegate o ondulate, gusci, strutture snelle a sbalzo o sospese (Iori e Poretti, 2016: 8-52).

Sotto questo aspetto, il concorso pescarese costituì uno spaccato interessante della ricerca architettonica contemporanea, anche se fra tutti, il progetto vincitore[10] risulta il più prevedibile: forse recependo gli spunti presenti nelle messinscene all’aperto dello stesso d’Annunzio (Valentini, 1993; Isgro, 1993), proponeva infatti una cavea a quarto di cerchio ricavata nel terreno, con una balconata sopraelevata su telai binati, accessi a metà altezza e servizi a ridosso del terrapieno che chiudeva in alto la struttura. Il teatro era dotato di fossa orchestrale e palcoscenico, senza attrezzatura, prevedendosi soltanto l’uso di strutture mobili. La cavea a gradoni, orientata sull’asse nord-ovest sud-est, guardava il mare, così come il centro culturale annesso. Una torre panoramica, alta 50 m, era posta sul fronte meridionale del teatro: la struttura reticolare triangolare, al cui interno era inserito un ascensore, consentiva la realizzazione in sommità di un punto panoramico aperto sul paesaggio circostante. Un’area recintata per le celebrazioni dannunziane all’aperto, immersa nel parco pubblico e servita da un sistema di parcheggi, completava l’impianto (Figura 1).

Il gruppo Bompiani-Varetti, secondo classificato, in linea con gli indirizzi del teatro contemporaneo, puntava invece alla integrazione tra palcoscenico e spettatori. Prevedeva infatti «mediante l’abolizione della boccascena, […] la possibilità di avviluppare il proscenio entro la platea, così da creare, per gli spettacoli coreografici, un anello continuo di spettatori, e da poter invece giocare con opportune elevazioni sul palcoscenico negli spettacoli lirici e drammatici» (Carbonara, 1958: 324). La forma chiusa delle gradinate della cavea, suddivise in tre livelli con inclinazioni diverse e protette all’esterno da pannelli, doveva assicurare una buona acustica. All’interno della struttura venivano previsti spazi adibiti a museo e camerini, grazie ad una particolare cura rivolta agli aspetti distributivi, mentre due torri in cemento armato, poste ai lati del catino, sostenevano i riflettori (Figura 2).

Il terzo progetto, di Morozzo della Rocca[11] e Assereto, aveva una forma di «conchiglia stilizzata» (Carbonara, 1958: 325), realizzata con un quarto di cerchio gradonato, diviso in nove settori uguali tra loro, sostenuti da cavalletti sagomati a V, in un effetto generale di grande leggerezza. L’acustica, affidata alle onde sonore dirette, era assicurata dalla forma dei cunei sfalsati. Il palcoscenico appariva sospeso, mentre le macchine teatrali erano collocate nell’area ipogea (Figura 3).


FIGURA 1.
RIELABORAZIONE GRAFICA DEL PROGETTO “G” DI MARIANO PALLOTTINI, ANTONIO CATALDI MADONNA E FILIPPO MARINUCCI. Vincitore del bando di Concorso per un Teatro all’aperto a Pescara.
Disegno: I. Adrakta, 2014.


FIGURA 2.
RIELABORAZIONE GRAFICA DEL PROGETTO “ADRIATICO SELVAGGIO” DI MARIA BOMPIANI, CECILIA VARETTI, CON CARLO BOMPIANI, INGEGNERE.
Disegno: I. Adrakta, 2014.


FIGURA 3.
RIELABORAZIONE GRAFICA DEL PROGETTO “LE PLEIADI”, DI ROBALDO MOROZZO DELLA ROCCA, CON ALDO ASSERETO, INGEGNERE.
Disegno: I. Adrakta, 2014.

Tra i progetti pubblicati, si segnala quello di Franco Palpacelli e Sergio Musmeci, per la sua inventiva da ricondurre pienamente alle ricerche del grande strutturista, la cui partecipazione non è stata mai posta nella giusta luce. Il teatro era costituito da un cono tronco aperto verso l’alto di 76 metri di diametro, irrigidito da due serie di parabole incrociate in cemento armato: alla base erano ricavati gli uffici amministrativi, le sale prove e i magazzini. La struttura, in cemento armato su una piastra in calcestruzzo, era suddivisa in dodici setti radiali. Il palcoscenico, formato da una scena girevole, presentava al di sotto del piano di calpestio le macchine teatrali. Se realizzata, l’opera avrebbe anticipato molte delle esperienze di Musmeci, in particolare la “chiesa a tenda” di Villaggio del Sole presso Vicenza (1960) e in generale le sue riflessioni sulle volte sottili (A.C.D., 1962)[12].

Malgrado l’espletamento del concorso, i tanti auspicati finanziamenti da parte dello Stato per la realizzazione del monumento non vennero erogati, come si evince dai documenti dell’archivio storico della Camera dei Deputati (A.C.D., 1962). Ciononostante, nell’aprile del 1963, grazie ad una iniziativa dell’amministrazione comunale, insieme ai maggiori enti pubblici e ad una sottoscrizione di privati (A.C.D., 1964), iniziarono i lavori, affidati all’impresa Vicentino Michetti che, in meno di tre mesi, realizz una parte del progetto vincitore. Le modifiche furono consistenti: la cavea, di dimensioni ridotte, con circa 1.306 posti a sedere, venne rivolta a monte e non verso il mare, per i problemi acustici posti dalla collocazione più volte segnalati; la torre praticabile venne sostituita da un meno impegnativo obelisco o stele, alto circa 63 metri[13]. Sia il palcoscenico sia i camerini vennero realizzati in legno, come opere provvisorie e totalmente smontabili. La prima inaugurale della stagione teatrale ebbe luogo il 28 luglio 1963, in occasione del centenario della nascita di d’Annunzio, nonostante la provvisorietà di tutti gli spazi di servizio[14] (Pozzi, 2003:42-43).

Sin dalle prime rappresentazioni teatrali, che videro il susseguirsi di compagnie di rilievo, con un pubblico numeroso, si registrarono accese polemiche in merito alla costruzione della struttura, innanzitutto per la scelta del sito, esposto a forti venti e all’umidità. Ma l’accusa principale riguardava la pessima acustica, riferibile non solo ai problemi ambientali, ma soprattutto alle carenze del progetto architettonico che, come era stato sottolineato già durante il concorso dal maestro Giovacchino Forzano, non consentivano una buona percezione sonora. I sostenitori dell’opera ricordavano la gratuità del sito e soprattutto sottolineavano l’inopportunità di discutere sulla funzionalità del teatro, in quanto palcoscenico, camerini e cavea non erano stati completati: di qui il mancato sviluppo in altezza e larghezza della struttura, che determinava una insoddisfacente sonorità (A.S.Pe.,1963b).

Ma è a partire dagli anni Settanta, dopo il passaggio della titolarità del teatro all’Ente Manifestazioni Pescaresi nel 1966[15], che la stampa nazionale e locale evidenzia con grande enfasi la mancata ultimazione dei lavori, ponendo l’accento sull’inefficacia dell’intera operazione (Giannini, 1970; Vuolo, 1970; D’Alessandro, 1970). Si attendeva infatti l’ultimazione della cavea per giungere ai previsti 3.000 posti, ottenendo così il necessario miglioramento acustico, insieme alla messa in opera di una conchiglia di copertura, al completamento del palcoscenico e alla costruzione dei camerini. All’esterno, si riteneva necessaria la sistemazione della zona circostante il teatro, volta a rafforzarne il ruolo urbano, con la creazione di un parco pubblico di 10.000 metri quadri, comprensivo di spazi gioco per bambini e area per le manifestazioni artistiche fruibile tutto l’anno, e di un numero adeguato di parcheggi.

Così impostato, il teatro doveva divenire un complesso culturale aperto al paesaggio della pineta, del mare e dei colli adiacenti, ponendosi alla conclusione meridionale dell’espansione urbana, all’epoca in piena attività (Bianchetti, 1997: 68). Forse proprio per la sua portata ambiziosa, il completamento del progetto ha rappresentato, col passare degli anni, uno dei nodi problematici dell’amministrazione comunale, che nel 1972 istituì una speciale commissione per la ristrutturazione dell’Ente Manifestazioni Pescaresi con lo scopo di sottrarre l’opera, incompleta, all’incuria del tempo. Vennero stanziati 150 milioni di lire, suddivisi tra gli enti coinvolti (Comune, Provincia, Camera di Commercio, Azienda di Soggiorno e Turismo) (A.S.Pe., s/d b), ma gli obiettivi programmatici e finanziari restarono solo sulla carta. Alla fine degli anni Ottanta, in una Relazione tecnica stilata su commissione dell’Ente Manifestazioni Pescaresi, la consistenza delle strutture architettoniche a conclusione sarebbe risultata comunque ridotta rispetto alle previsioni del progetto iniziale. Il teatro doveva presentarsi con un unico settore di venti gradoni, suddiviso in tre cunei, per circa 1.400 posti a sedere; un palcoscenico di 424 mq ed un boccascena di 26,50 mq; otto camerini, due magazzini e i servizi igienici (A.S.Pe., s/d c).

È solo con l’erogazione da parte della Regione Abruzzo di un contributo di 3.800 milioni di lire che l’Ente Manifestazioni Pescaresi[16] poté varare un nuovo progetto, per il completamento –questa volta definitivo– del teatro-monumento, redatto nel 1988 dallo stesso Mariano Pallottini, ormai settantottenne, e Antonio Vanni (A.S.Pe., s/d c)[17].

Il progetto prevedeva l’ampliamento della cavea, con l’inserimento di 750 posti a sedere in più rispetto a quelli esistenti, la cui accessibilità veniva garantita da quattro scale sul fronte mare e due esterne poste ai lati della struttura preesistente. Al di sotto della cavea, venivano predisposte tre sale per mostre ed esposizioni temporanee di circa 170 metri quadri ciascuna, collegate tra loro in modo da consentire, in caso di necessità, la creazione di un unico ambiente. Le sale, fruibili dalle due scale esterne, ricavate al di sotto della pendenza della cavea, erano chiuse da una copertura in contropendenza, su cui si inseriva una finestra a nastro. Il fronte principale veniva scandito da un portico al piano terra, con al centro un piccolo locale bar, mentre il fronte posteriore ospitava l’ingresso ai magazzini, alle cabine elettriche e ai servizi igienici.

Il piano dei lavori contemplava anche la sistemazione architettonica e funzionale del palcoscenico, le cui pareti laterali venivano parzialmente chiuse con pannelli mobili e coperto da una tensostruttura reticolare con membrana in poliestere scorrevole. Il boccascena esistente veniva ampliato di circa 2.50 metri, così come la piattaforma del palcoscenico (Figura 4).


FIGURA 4.
VEDUTA PROSPETTICA DEL TEATRO D’ANNUNZIO, DISEGNO SCALA 1.100.
Immagine: A.S.Pe. Teatro monumento “G. d’Annunzio”, b. 4175.

La realizzazione di un auditorium per le attività culturali da svolgersi durante l’intero anno, con una capienza di circa 800 posti, fortemente voluta dall’Ente, completava il nuovo progetto. Si trattava di un volume edilizio a piante circolare, con una superficie complessiva di circa 650 metri quadri, più 150 metri quadri di balconata, sviluppato su tre livelli, con un piano terra porticato, foyer e spazi per la ricezione al primo piano. Il prospetto era caratterizzato dall’aggetto del piano superiore e dalla copertura conica in legno lamellare, poi effettivamente realizzata. Nel complesso, il progetto rispondeva dignitosamente alle richieste della committenza, ma introduceva alcuni elementi di squilibrio nei confronti della preesistenza, come il nuovo volume dell’auditorium (Figura 5).


FIGURA 5.
VEDUTA PROSPETTICA DELL'AUDITORIUM FLAIANO, DISEGNO SCALA 1.100
Disegno: A.S.Pe. Teatro monumento "G. d'Annunzio", b.4175.

Con la delibera del 28 dicembre 1989, l’Ente ottenne la concessione edilizia, ma soprattutto lo stanziamento dei fondi regionali, avviando di fatto nei primi anni Novanta i lavori di ampliamento e completamente del complesso monumentale. Dalla lettura dei documenti d’archivio, è possibile comprendere lo stato dell’arte delle opere architettoniche effettivamente costruite, rispetto al progetto presentato dall’Ente, e quelle ancora in fase di attuazione. Nell’ampliare l’esistente, veniva aggiunto alla cavea «un anello a gradoni, atto ad ospitare altre 950 persone, per un totale di circa 1.900 posti a sedere»; si realizzava il piano intermedio adibito a sale mostre, mentre al piano terra, oltre al portico, venivano ubicati i blocchi servizi e ristoro. In adiacenza al teatro all’aperto, iniziavano i lavori di costruzione dell’auditorium circolare, la cui inaugurazione era prevista per l’estate del 1995 (AEMP, s/d a)[18]. L’edificio –intitolato ad un altro grande pescarese, Ennio Flaiano– venne aperto ufficialmente nella seconda metà del 1997 (AEMP, 1995)[19], e dopo successive modifiche che hanno molto semplificato i caratteri originari.

La mancanza di ulteriori finanziamenti[20] non consentì la realizzazione delle opere accessorie previste, soprattutto in merito al miglioramento della fruizione della cavea, con la predisposizione di sedute sui gradoni e la sistemazione degli spazi esterni. Oggi l’intero complesso –di proprietà del Comune di Pescara, ma gestito dall’Ente Manifestazioni Pescaresi– versa in uno stato di abbandono e sottoutilizzo, più volte denunciato dalla stampa locale (Figura 6).


FIGURA 6.
RILIEVO DELLA PIANTA PIANO TERRA E DEL PROSPETTO PRINCIPALE.
Immagine: disegno di I. Adrakta, 2014.

Tra la terra e il cielo: la stele

L’elemento di maggior rilievo del complesso è certamente la stele, che costituisce ormai per la città un forte segno distintivo, simbolico e paesaggistico. Esemplata su obelischi monumentali commemorativi di personaggi illustri, la stele sostituisce, come si è detto, la torre triangola del concorso del 1955-56 (Figure 7 e 8). La realizzazione seguì pragmaticamente una strada più semplice. Venne infatti realizzata una struttura in cemento armato con una pianta a stella triangolare alta circa 63 metri, «cioè del tutto eccezionale rispetto alle normali costruzioni che raggiungono, in Pescara, al massimo la metà della cifra suddetta» (AEMP, 1966), più vicina al tipo dell’obelisco che a quello della torre proposto da Pallottini. Infatti, la stele riprende i precedenti e coevi modelli monumentali dedicati a personaggi illustri: un esempio è quello realizzato per celebrare le imprese di Marconi dallo scultore carrarese Arturo Dazzi, nel quartiere Eur a Roma, commissionato nel 1937 da Mussolini, ma terminato solo negli anni Cinquanta. La stele pescarese è debitrice dell’estetica del cemento armato, poiché possiede una marcata rastremazione che nasce da tre “radici” di cemento armato che sembrano fuoriuscire dal terreno. Né va dimenticato che il progetto prevedeva l’installazione di un sistema di illuminazione nella sottile apertura conclusiva –quasi la cruna di un ago– con una lampada di segnalazione a luci tricolori, assommando così anche la funzione di un faro, sia pure stilizzato e simbolico.


FIGURA 7.
VEDUTA PROSPETTICA DEL PROGETTO VINCITORE DEL CONCORSO. LA STELE PRESENTA UNA STRUTTURA RETICOLARE TRIANGOLARE CON UN PUNTO PANORAMICO CONCLUSIVO, DISEGNO SCALA 1.100
Immagine: A.E.M.P., Concorso teatro monumento “G. d’Annunzio”, Disegni, 1956.


FIGURA 8.
VEDUTA PROSPETTICA DEL PROGETTO VINCITORE DEL CONCORSO, DISEGNO SCALA 1.100.
Immagine: A.E.M.P., Concorso teatro monumento “G. d’Annunzio”, Disegni, 1956.

In alzato, la stele è rastremata verso l’alto fino a circa 1/10 della sezione di base, con facce scolpite o meglio incise con motivi geometrici astratti, simmetricamente speculari rispetto all’asse centrale. La conduzione dell’opera è da attribuire a Vicentino Michetti[21] (Biancale, Paloscia e Maraventano, 1975), costruttore ma anche artista soprattutto nel secondo dopoguerra, che compare nei documenti nella fase di esecuzione (AEMP, 1963b). Va tuttavia segnalato che i disegni della stele, con il loro accentuato carattere geometrico, costituiscono un unicum nella produzione artistica di Michetti, incentrata su una figuratività tutto sommato tradizionale[22], il quale potrebbe essere stato affiancato da altro autore, per ora non rintracciabile. Le figurazioni sono divise in pannelli che dovevano celebrare, secondo le indicazioni della committenza, sia la vita eroica del poeta, sia la universalità delle sue opere teatrali, ma presentano un carattere fortemente astratto e simbolico.

La struttura del monumento celebrativo incarna la sintesi tra forma e funzione, tra modernità e retorica simbolica. Appaiono richiami all’opera di Pierluigi Nervi, sia nell’ideazione generale, che ricorda la torre di Maratona dello stadio di Firenze, sia nella pianta stellata: più originale lo schema triangolare di base e l’accentuata rastremazione, che ne fanno un’opera di un certo interesse nel panorama contemporaneo.

Le incisioni geometriche sono ricavate sottosquadro, grazie all’adozione di speciali casseformi che imposero particolari cure anche nella disposizione delle armature e nella esecuzione dei getti. Le gabbie, di notevoli dimensioni, circa 10 metri, furono montate ad altezze ragguardevoli e ancorate l’una all’altra mediante legatura. L’impossibilità di realizzarle a piè d’opera, comport la messa in opera «ferro per ferro e staffa per staffa», secondo quanto indicato nel progetto esecutivo, risultando particolarmente onerosa. Si pensi che il «ferro tondo per c.s.» ammontava a circa 307,5 quintali, con diametri variabili dai 30 ai 6 mm –con la prevalenza dei diametri maggiori (20 millimetri)– per un costo totale di 5.227.333 di lire.

Per ovviare agli ostacoli affrontati dai carpentieri per l’esatta posizione delle casseformi e per la loro graduale rastremazione, vennero introdotti compensi addizionali, che comprendevano anche le «fodere di faesite per rendere il piano delle ‘sponde’ in legno assolutamente levigato», a garanzia della perfetta regolarità del getto (AEMP, s/d b). L’impiego delle maschere di faesite per il tracciamento delle decorazioni astratte, così come la bocciardatura sottile di tutta la superficie per circa 65 metri dal piano di campagna, e la scalpellatura dei bassorilievi per una profondità media di 3-4 centimetri, richiesero una mano d’opera «di carattere superspecializzata», che fu oggetto di specifiche considerazioni e compensi aggiuntivi (AEMP, s/d c).

Come si desume dai documenti d’archivio, la realizzazione del manufatto richiese una particolare perizia anche nella predisposizione delle «incastellature di tipo “Innocenti” notevolmente complesse, raggruppate in tre torri collegate tra loro a varie altezze e rese stabili mediante controventature con cavi di acciaio ammarati a blocchi di calcestruzzo appositamente gettati» (AEMP, s/d c).

Lo stato di conservazione

Il complesso del teatro all’aperto, che ha negli anni ospitato eventi artistici di rilievo legati al teatro, alla danza e alla musica[23], sin dalla sua ideazione è segnato, come si è visto, da vicende tortuose. L’unitarietà del progetto vincitore degli anni Cinquanta non è mai stata pienamente realizzata, dando luogo, invece, ad un insieme di elementi architettonici frammentari e dissonanti, anche in relazione al paesaggio circostante.

Lo stato di incompiutezza è anche all’origine di crescenti fenomeni di degrado evidenti già negli anni Settanta, cioè pochi anni dopo la prima realizzazione. Un progetto nato già morto o La stele si sgretola sono solo alcuni dei diversi titoli che in quegli anni circolano sulle testate giornalistiche locali e nazionali.

Anche oggi, sono diversi i problemi che emergono dall’analisi funzionale e strutturale del complesso monumentale. Come segnalato dal maestro Forzano durante i lavori del concorso, il progetto vincitore, pur presentando una forma semicircolare mutuata dai teatri grecoromani, non assicura soddisfacenti condizioni di visibilità ma soprattutto una buona acustica, generando fenomeni di dispersione e riflessione del suono che impediscono alle voci degli attori di giungere chiare e distinte fino alle postazioni più lontane. La posizione del palcoscenico, molto bassa, non consente al suono di riflettersi più volte tra palcoscenico e sedute, così come la ridotta inclinazione delle gradinate in cemento armato non riesce a tagliare le frequenze basse che disturbano l’ascolto, il brusio del pubblico o i rumori ambientali. A ci si aggiunga la mancata realizzazione di barriere fonoassorbenti sia lungo i muri laterali di chiusura, sia lungo l’anello sommitale della cavea, che acuiscono i fenomeni legati alle interferenze e alla distorsione del suono proveniente dai rumori prodotti dal traffico veicolare: fenomeno particolarmente intenso durante la stagione estiva, coincidente con lo svolgersi delle diverse manifestazioni teatrali e musicali.

Altra questione riguarda l’effettiva utilizzazione della struttura. Completamente inutilizzate risultano le sale poste al di sotto della cavea, progettate per ospitare mostre ed eventi temporanei. Destino condiviso con i locali al piano terra concepiti per i servizi di ristorazione. Inoltre, l’impossibilità di fruire dell’area verde circostante, di circa 1.300 metri quadri, al di fuori delle attività previste per il teatro, sembra avallare la scarsa manutenzione e gestione delle specie arboree. Neanche la realizzazione dell’auditorium, che doveva nelle intenzioni dell’Ente consentire l’utilizzo del complesso monumentale nei mesi invernali, ha assolto al suo compito, a causa del ridotto numero di eventi che in esso si svolgono. Il nuovo volume ha, in realtà, solo stravolto il progetto iniziale. Nonostante il nulla-osta ottenuto dalla Commissione Consultiva per i Beni Ambientali e dalla Giunta Regionale d’Abruzzo, ai sensi della Legge 29 giugno 1939, n. 1497 e del D.P.R. del 24 luglio 1977, n. 616 (A.S.Pe., 1989b), l’edificio crea un ingombrante fondale, che si contrappone nettamente al teatro all’aperto, modificandone irrimediabilmente il contesto e di fatto cancellando l’immagine del paesaggio naturale che circondava la cavea.

Sono particolarmente preoccupanti gli effetti della mancanza di un programma di manutenzione ordinaria per le strutture in cemento armato, sottoposte al naturale degrado dei materiali componenti, aggredito anche dall’ambiente circostante e da interventi incongrui, riconducibili a malintesi restauri. Depositi superficiali, fratturazioni e fessurazioni segnano le strutture portanti della cavea. I danni maggiori, per , si registrano sulla stele, a causa del fenomeno della carbonatazione, che associato alla probabile esiguità del copriferro in corrispondenza delle decorazioni, è all’origine dell’affioramento delle barre metalliche di armatura, con relativo distacco di diverse porzioni di conglomerato cementizio superficiale (Figura 9). Il degrado materico diffuso sull’intera struttura, con la perdita di alcuni frammenti scultorei e il timore della diminuzione di resistenza strutturale complessiva imposero, nel 2012, l’interdizione dell’accesso alla stele, per la quale erano stati predisposti, già all’inizio del XXI secolo, interventi di restauro conservativo approvati nell’elenco annuale dei LL.PP. 2004-2006, per un capitolo di spese pari a 200.000 euro, che purtroppo non vennero mai realizzati[24].


FIGURA 9.
STELE E CAVEA DEL TEATRO ALL’APERTO.
Immagine: Clara Verazzo, Pescara, 2018.

L’episodio si inserisce tra le tante iniziative pubbliche che ruotano intorno al monumento, senza in realtà trovare un accordo sia in termini economici, sia in termini amministrativi. Diverse le occasioni mancate per il completamento del progetto degli anni Cinquanta, come il finanziamento di 15 milioni di euro per il teatro, dei 20 assegnati alla città di Pescara per i 150 anni dell’Unità d’Italia, a causa della manifesta difficoltà amministrativa nella gestione dei fondi. E ancora, nel 2012, l’esclusione dal Programma Triennale dei lavori pubblici 2012-2014, nonostante le segnalazioni sulle condizioni di degrado e la chiusura della stele per tutelare la pubblica incolumità emerse nell’assemblea comunale indetta in vista dei preparativi per il centocinquantenario della nascita di d’Annunzio (A.C.Pe., 2012a)[25]. Nella seduta successiva, con voto unanime dei 26 consiglieri presenti, veniva inserito nel Piano Triennale per le opere pubbliche un capitolo di spesa relativo al consolidamento e alla ristrutturazione della stele pari a 270.000 euro (A.C.Pe., 2012b). Economie mai disposte, perché espunte dall’elenco delle opere ritenute prioritarie dalla successiva amministrazione (A.C.Pe., 2012c).

Progetti per il futuro

Un contributo alla questione della conservazione del complesso dannunziano proviene da fondazioni culturali e associazioni di cittadini. Nel 2016, il convegno Il Teatro Monumento a Gabriele d’Annunzio a 50 anni dalla costruzione. Un’opera da preservare e completare, a cura della Fondazione Edoardo Tiboni, divenne un primo momento[26] per ipotizzare un progetto di recupero e valorizzazione del complesso monumentale, che ben interpreta i requisiti richiesti dall’art. 10 comma 3, lettera d) del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio 2004, che prevede appunto il riconoscimento del valore culturale delle cose «che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianza dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose».

Un primo nodo problematico è relativo alla predisposizione di un programma di manutenzione straordinaria dell’intero complesso teatrale e della stele, con l’eliminazione o il contenimento delle forme di degrado più diffuse: fenomeni di umidità di risalita capillare, rigonfiamenti e patine biologiche, presenti soprattutto lungo i fronti della cavea e riconducibili all’atmosfera salina e alla carica di umidità presenti nel sito; fratturazioni e fessurazioni del materiale cementizio; trattamento delle superfici, segnate da depositi superficiali, distacchi della pellicola pittorica e mancanze degli strati superficiali.

Ma le provvidenze conservative dovrebbero iscriversi in un programma ampio che preveda una nuova gestione degli spazi destinati alle mostre e alle esposizioni temporanee della cavea, insieme alla creazione di aule didattiche e spazi ludici, che consentano realmente la fruizione del complesso architettonico anche durante la stagione invernale, trasformando il teatro in uno spazio sempre aperto a servizio della collettività. A tale scopo, risulta fondamentale l’eliminazione delle barriere architettoniche, con la creazione di ascensori a servizio sia della cavea, sia degli spazi espositivi, e la realizzazione del parco in continuità con la Riserva della Pineta dannunziana, segnato da percorsi pedonali e ciclabili[27].

Tuttavia neanche i recenti interventi del 2018 sembrano prendere in considerazioni queste problematiche, optando per il ridisegno solo dei fronti mare, senza prevedere un progetto più articolato, tale da includere il teatro, la stele e l’auditorium. Anzi, viene più volte ribadito dall’amministrazione comunale il forte impatto turistico che il progetto di riqualificazione della riviera di Pescara-Porta Nuova avrà, con la «capacità di attrarre più persone […] perché possa essere frequentato […] a prescindere dalla programmazione dei teatri Flaiano e d’Annunzio». E ancora «dinanzi al Teatro d’Annunzio e all’auditorium Flaiano sorgerà una piazza rivolta verso il mare»[28]. Nessun accenno all’inserimento nel progetto di riqualificazione a scala urbana del lungomare sud, una successiva discesa a scala edilizia, comprensiva dell’intero complesso monumentale. Un’ennesima visione frammentaria della città, tutta protesa verso un turismo di massa balneare, che esclude di fatto le attività culturali legate alle strutture architettoniche preesistenti. E spunta spesso nel dibattito cittadino la tentazione di coprire il teatro, snaturando la sua funzione e il suo rapporto con il contesto, a fronte di spese considerevoli[29] (Figura 10).


FIGURA 10.
VEDUTA D’INSIEME DEL COMPLESSO ARCHITETTONICO CON IL TEATRO ALL’APERTO, L’AUDITORIUM E LA STELE, DA COMUNE DI PESCARA.
Immagine: Progetto di riqualificazione del lungomare sud, 2019.

Tra i pochi interventi eseguiti, si segnala, nel 2016, la bonifica della parte interna della stele, che dopo anni di chiusura era completamente ostruita da guano, sporcizia e detriti, rendendone inaccessibile la scala. L’intervento, voluto dall’amministrazione comunale per ragioni di sicurezza, prevedeva il ripristino della lampada di segnalazione per aerei posta sulla sommità della stele. A seguito della disostruzione dal guano di volatili nella zona interna, venne messa in sicurezza la scala a chiocciola interna, reintegrando i gradini mancanti. Per evitare la reiterazione dei danni provocati dal guano degli uccelli, furono installati dissuasori lungo le pareti esterne della stele[30].

Ultimo in ordine di tempo, risulta lo stanziamento di fondi da parte del Comune per il recupero e il consolidamento della stele. Si tratta di un finanziamento pari a 270.000 euro, inserito nell’elenco di spese del Piano triennale per le opere pubbliche 2018-2020[31], la cui conclusione doveva registrarsi entro la prima metà del 2019[32]. L’intervento, così come si desumeva dalla relazione tecnico-descriva, doveva puntare al ripristino delle parti superficiali degradate dall’azione corrosiva degli agenti atmosferici, soprattutto nei bassorilievi, che mostravano «una rugosità differente rispetto alla struttura» portante in calcestruzzo armato[33]. La verifica strutturale dell’opera, sia in condizioni statiche che dinamiche, per verificarne il grado di sismicità resiste globale, avrebbe completato il progetto esecutivo. Purtroppo, alla iniziale fase di indagine conoscitiva, non è seguito il tanto auspicato intervento di recupero e consolidamento, registrando un ennesimo rinvio.

Conclusioni

La ricostruzione su inedita base filologica della lunga vicenda che ha portato alla realizzazione del monumento a d’Annunzio negli anni Cinquanta, evidenzia quanto il complesso architettonico sia vittima di una condizione di marginalità e degrado, esito di un mancato riconoscimento da parte della cittadinanza e delle istituzioni, in altri termini «l’opera d’arte è opera d’arte solo potenzialmente» (Brandi, 1977: 5). La sua ricreazione non è avvenuta nella collettività, che continua a lamentare la mancanza di un teatro stabile, ma che in realtà possiede una struttura teatrale di prim’ordine, sia pure all’aperto, ampiamente sottoutilizzata. Un’opera pubblica assente dai piani strategici a scala urbana e territoriale, ma anche espunta dai programmi di manutenzione e restauro: destino condiviso dalla stele, per la quale ancora si attende un restauro secondo criteri scientifici.

Neanche l’uso ininterrotto del complesso architettonico, che avrebbe potuto favorirne una buona conservazione, così come sostengono tutte le Carte del Restauro, ne ha di fatto preservato gli aspetti strutturali e funzionali.

Eppure, il teatro partecipa di un contesto naturalistico tra i più significativi della costa adriatica e di un ambito urbano nel quale si concentrano episodi ambientali e architettonici legati alla vocazione turistica e a eventi sportivi e culturali di levatura internazionale, che hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo sociale ed economico della provincia pescarese, imprimendo nel corso di tutto il XX secolo una forte impronta identitaria a questo brano del litorale abruzzese.

Sono quindi innumerevoli gli interessi pubblici e le componenti culturali, anche di natura extraterritoriale, da riconoscere e considerare nell’ambito di qualsiasi operazione che proponga interventi di trasformazione di quest’area a livello di scala architettonica e urbana: non è possibile, infatti, trascurare il valore assunto dal teatro monumentale d’Annunzio, anche come ingresso alla riserva naturale della pineta dannunziana dal lungomare, e nella rete turistico-culturale-sportiva di Pescara-Portanuova, che si intreccia con altri importanti manufatti vicini come l’ex Aurum e lo stadio Adriatico Giovanni Cornacchia (Varagnoli, 2019: 7-12; Pezzi, 2019: 123-128).

Si auspica una visione più ampia della questione sia a scala urbana, sia a scala edilizia, sulla base di una partecipazione cittadina allargata e una impostazione interdisciplinare che salvi i valori paesaggistici del sito. Per il teatro potrebbe aprirsi una stagione di migliore utilizzazione, magari tornando all’impostazione originaria di teatro classico o di prosa, insieme ad una campagna di restauri capaci di mediare le esigenze della contemporaneità con i valori di un passato molto recente e tuttora significativo.

Verrebbero così valorizzate le potenzialità culturale del complesso monumentale, che potrebbe rappresentare il volano per attività distribuite nel corso dell’anno, oltre che durante la stagione estiva. Si tratta in altre parole di avere una visione ampia del progetto, che provi a mettere a sistema gli aspetti architettonico-formali, con quelli funzionali legati al mondo del teatro, ma anche della musica e del cinema.

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Nota

1 Uomo dotato di grande ingegno, Gabriele d’Annunzio (1863-1938) fu uno dei maggiori esponenti del decadentismo europeo, dimostrando sin dalla sua adolescenza una personalità avida, sensuale, felicemente osmotica e creativa, nutrendosi continuamente di idee, d’immagini, di persone e cose, per tradurle immediatamente in sensazioni, pensieri e simboli, ch’erano i suoi e insieme quelli di un’epoca. Con fragilità di pensiero, ma con una profonda curiosità, riuscì per un trentennio a solcare da protagonista una delle parabole più significative della decadenza culturale e civile della società europea, fino ad esaurirsi, alle soglie della prima guerra mondiale, perdendo via via le sue facoltà immaginifiche e trasmutando, ancora con istintiva consapevolezza, il poeta nell’eroe, per farsi, questa volta senza averlo voluto, il politico dell’impresa fiumana, costretto allora per la prima volta non più ad abbracciare soltanto le circostanze, ma a cercare d’andare oltre ad esse, fallendo clamorosamente, o meglio preferendo a quest’ultima prova, la prigione del Vittoriale. Il vate nazionale, il pater patriae venne, così, associato al nuovo governo fascista: gravit , ideologicamente connivente, nell’orbita dello Stato dittatoriale, plaudendo all’avventura in Etiopia, manifestando timide perplessità solo nel 1937, per l’alleanza italo-tedesca. Qualche piccola insubordinazione rimase confinata in incontri confidenziali con amici fidati e nello scambio epistolare con il duce, del resto, la visuale ristretta delle richieste di personalistici favori, consentiva a Mussolini di esercitare un controllo e una censura garbati ma perentori, del vate, confinato al Vittoriale, una sorta di prigione d’orata. Della vastissima messe di fonti e dell’amplissima bibliografia intorno a Gabriele d’Annunzio e alla sua opera, diamo qui solo alcune indicazioni biografiche utili ai fini della trattazione (Ojetti, 1957; Alatri, 1959; De Michelis, 1960; Rizzo, 1960; De Felice e Mariano, 1971).
2 La legge n. 647 venne pubblicata in G. U. il 23 luglio 1943, n. 169. Erezione, a spese dello Stato, del monumento nazionale a Gabriele d’Annunzio in Pescara. Il testo era costituito da 6 articoli relativi alla costituzione di una Commissione che doveva sovrintendere alla scelta del sito ove erigere il monumento, alle modalità e alle procedure con cui sarebbe stato realizzato, a carico dello Stato, con gli esercizi finanziari del 1943-44 (e successivi) dei ministeri delle Finanze e dei Lavori Pubblici. Cf. Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia (1943: 2055-2057). Si veda anche: Archivio storico della Camera dei Deputati (1943).
3 L’interesse di d’Annunzio per il teatro all’aperto sul modello di quelli antichi trova puntuale riscontro nelle biografie del poeta, alcune delle quale già citate (vedi nota 1), che farebbero risalire la passione verso il teatro e i suoi aspetti tecnico-artistici dall’incontro tra il poeta e l’attrice Eleonora Duse, nell’autunno del 1894, con la quale avrebbe intrapreso, nel settembre dell’anno successivo, una relazione sentimentale. Altri, sostengono che il fattore decisivo fu la partecipazione al ciclo di rappresentazioni Le Erinni di Eschilo, tenutesi nel teatro romano di Orange nell’agosto del 1897, così come dimostrerebbe l’articolo La rinascenza della tragedia apparso su La Tribuna il 2 agosto del medesimo anno, nel quale sottolineava le valenze del teatro drammatico (D’Annunzio, 2003: 265). Da queste esperienze sarebbe maturata l’idea del poeta di proporre, insieme alla Duse, la costruzione di un teatro all’aperto nel cuore del Lazio. Un sogno che non si concretizz mai sia per la mancanza di finanziatori disposti a partecipare all’impresa, sia per la fine della relazione tra i due artisti, nel 1904. Pur abbandonando l’idea del teatro ad Albano, d’Annunzio non rinunci al desiderio di rappresentare le proprie opere in teatri all’aperto, rivolgendo la propria attenzione prima al teatro romano di Fiesole, poi a quello di Tuscolo (1907), fino a giungere, nel 1910, un nuovo teatro, nella città di Parigi dove era apprezzato come un genio indiscusso (Antongini, 1938: 634-635).
4 Vedi anche Bianchetti (1997: 68).
5 Si ripubblica in questa sede, con le necessarie modifiche e integrazioni, il saggio in Verazzo (2019).
6 L’Ente Provinciale per il Turismo era guidato dall’avvocato Giacomo Pierantozzi, al quale si fa risalire la genesi del progetto negli anni Trenta del Novecento: dal carteggio rinvenuto presso l’archivio del Vittoriale, il presidente dell’ente pescarese pregava l’architetto Moroni di redigere il progetto, in modo tale da porre la «prima pietra» il 12 marzo 1937, in occasione dell’anniversario della nascita del poeta. Il protrarsi dell’attesa, a causa dei suoi numerosi impegni al Vittoriale, costrinse l’architetto Maroni a declinare l’incarico, e invitando Pierantozzi a provvedere diversamente, per evitare ulteriori indugi (Fiadino, 2019: 97).
7 Il maestro Forzano, noto autore di libretti d’opera per Leoncavallo, Mascagni e Puccini, aveva evidenziato per tutti i progetti presentati alcune riserve relative all’acustica, fatta eccezione per un progetto escluso per motivi «di ordine compositivo».
8 La Commissione assegn anche un rimborso delle spese, pari a cinquecentomila lire, ai progetti di: Francesco Palpacelli, con la consulenza di Sergio Musmeci, Ezio Caizzi, Giuseppina Frazì, Giovanni Bernardi; Tito Varisco Bassanesi, Mario Zavelani Rossi; Paolo Cercato, Paolo Ghera, Mario Stara.
9 Pur non risultando tra i progetti classificati, venne pubblicato anche il progetto di Mario Coppa e Marinella Ottolenghi.
10 Mariano Pallottini (1911-1998), laureato in Architettura nel 1937, proseguì la sua formazione teorica in campo urbanistico, pubblicando nel 1950 Profili di Storia dell’Urbanistica, in cui analizza i fenomeni di urbanizzazione del territorio marchigiano. L’attività professionale fu segnata dalla partecipazione a diversi concorsi di Architettura, come quello per la piazza antistante l’EUR (1941), per la nuova Stazione Termini (1948), per l’Auditorio al Borghetto Flaminio a Roma (1950), per la nuova biblioteca nazionale in Roma (1952), cui si sommano i progetti realizzati quali la Centrale termoelettrica API di Falconara (1956), l’Ospedale Generale Provinciale di Ascoli Piceno (1962), l’ampliamento del cimitero di Carassai, Ascoli Piceno (1979). Nel 1955 assunse il ruolo di professore universitario in Urbanistica presso la Sapienza di Roma, dove contribuì alle prime sperimentazioni didattiche dei piani territoriali.
11 Negli anni della gioventù, Morozzo della Rocca (1904-1933) diede vita ad un vivace gruppo di innovazione culturale insieme ad altri architetti genovesi. Il gruppo partecipa alla Triennale di Milano del 1933 con il progetto di un padiglione in acciaio. Gli esordi sono legati al razionalismo, con l’iscrizione al MIAR e si inserisce con determinazione nella polemica sorta attorno ai temi dell’architettura moderna.
12 Il concorso di Pescara non risulta negli elenchi delle opere di Musmeci, che già nel 1951 aveva progettato per la città adriatica un mercato del pesce e la scuola professionale marittima, in collaborazione con S. Boselli. Si consulti l’elenco delle opere presente in Giovannardi (2010). La redazione del contributo è stata consentita grazie alla consultazione dell’archivio Musmeci Zanini depositato presso il Museo Maxxi di Roma. Per un ulteriore approfondimento, si veda la bibliografia essenziale riportata in Archivio Museo Maxxi, Musmeci, Sergio [https://www.maxxi.art/musmeci-sergio/] (ultima consultazione 16 dicembre 2019).
13 Dal carteggio rinvenuto presso l’archivio dell’Ente, si pu ricostruire l’affidamento diretto all’impresa Vicentino Michetti, datato all’8 aprile 1963. Nella missiva, il sindaco, presidente del Comitato per il Centenario Dannunziano, avv. Vincenzo Mariani, nel conferire l’incarico, ribadisce «l’impegno da parte di codesta Spett. Impresa di costruire il grezzo della cavea e della stele per il 15 luglio, in modo da consentire la rappresentazione di spettacoli entro l’estate di quest’anno». Il 22 maggio 1963, a causa della «sconcertante lentezza con cui proseguono i lavori», viene chiesto all’impresa di «dare corso immediatamente a due turni di lavoro (starei per dire tre!) in maniera da far onore agli impegni presi» (AEMP, 1963a).
14 Come si evince dalle immagini di repertorio che ritraggono Eduardo Tiboni, vicepresidente del Comitato pescarese con Vicentino Michetti e i giornalisti durante i lavori di realizzazione del teatro e della stele commemorativa (A.S.Pe., 1963a).
15 La formale proprietà dell’opera è questione piuttosto complessa. Dalle certificazioni catastali si desume che le costruzioni dell’area riportata al foglio di mappa 29, particelle 1 e 332, risultano censite alla partita 33738, ed intestate all’Ente manifestazioni pescaresi insieme al Demanio dello Stato «ciascuno per i propri diritti» ancora negli anni Ottanta, nonostante la richiesta di acquisto avanzata dall’Ente al Demanio, previa sdemanializzazione, dell’area su cui insiste il teatro e, in via subordinata, la concessione in fitto (A.S.Pe., s/d a).
16 Si fa riferimento al finanziamento pubblico con deliberazione C.I.P.E. 3.8.1986 relativa all’aggiornamento del Programma triennale di sviluppo del Mezzogiorno 1988-90, a norma della legge n. 64 del 1986 e del T.U. delle Leggi sul Mezzogiorno n. 218 del 1978 (A.S.Pe., 1989a).
17 Dalla consultazione delle fonti archivistiche, si desume che rispetto al gruppo di progettazione vincitore del bando pubblico, l’incarico per la progettazione esecutiva viene affidata al solo Mariano Pallottini, coadiuvato da un tecnico pescarese, l’architetto Antonio Vanni, con la collaborazione di R. Pallottini, L. Polizio, S. Betelli, A. Di Pierdomenico.
18 Documento senza luogo e data, ma riferibile alla prima metà del 1993, anno di presentazione della richiesta per i finanziamenti Programma Operativo Plurifondo [P.O.P.].
19 Dagli elaborati grafici la progettazione dell’auditorium è di M. Pallottini, R. Pallottini, L. Polizzo, A. Vanni. Le proposte migliorative ai sensi dell’art. 24 lettera b Legge 8.8.77 n. 584 è firmato dall’arch. Gaspare Masciarelli. L’imprese capogruppo esecutrice, sotto la direzione dei lavori di A. Vanni, è la Furlanis Costruzioni Generali S.p.A., mentre l’impresa mandante è la Alfonso & Eusebio Recinella s.r.l.
20 I Finanziamenti dovevano giungere dal P. O. P., legge regionale n. 11/07/1991 e successive modifiche.
21 Vicentino Michetti (1909-1997), nativo di Calascio, ma pescarese di adozione, proveniente da una generazione di costruttori, si indirizza ben presto verso l’ambito artistico, diventando scultore. Dopo la guerra, tiene alcune esposizioni a Roma e a Parigi. È autore di molte opere presenti nella città di Pescara, tra cui l’Elefante e le altre opere bronzee di Piazza Salotto, la Bambina giacente nel giardino del Museo Paparella-Treccia-Devlete e Grazia, la marinara, conservata nel municipio. Sempre a Michetti si devono i primi progetti sul collegamento tra le due sponde del fiume Pescara, che prefigurano un ponte proprio all’altezza della foce, antesignano dell’attuale Ponte del Mare. Il progetto prevedeva un ponte totalmente carrabile, con la parte più arcuata posta proprio all’altezza della foce del fiume.
22 È probabilmente l’eccezionalità dell’opera realizzata per il teatro-monumento, che ha suffragato l’ipotesi di influenze esterni nella progettazione della stele. In più occasioni Arturo Dazzi è stato segnalato come l’ideatore dell’opera pescarese, realizzata pochi anni prima della sua morte, come da colloqui intercorsi con il dott. Eduardo Tiboni, che qui si ringrazia. Cf. Il Centro (2011), Edmondo (2019).
23 La struttura è diventata negli ultimi decenni sede fissa del Pescara Jazz, tra i più importanti appuntamenti annuali del genere in ambito europeo.
24 La progettazione dell’incarico era stata affidata all’arch. Claudio Francano, con determinazione dirigenziale n. 247/BR del 22.10. 2004 (A.C.Pe., 2004); si veda anche A.C.Pe. (2007).
25 V. in particolare la relazione del Consigliere Paola Marchegiani che denunciava: «la fatiscenza della cavea, con le poltrone danneggiate e scolorite, il cemento armato disgregato, il palcoscenico instabile strutturalmente: mentre la stele ‘cade a pezzi’, richiedendo l’intervento dei Vigili del Fuoco, costretti a recintarla per evitare problemi di incolumità».
26 Varagnoli e Verazzo (s/d).
27 Le ipotesi progettuali dibattute durante i lavori del convegno vennero esposte nella mostra documentaria Pescara un secolo di invenzioni e dissipazioni, curata da Edoardo Tiboni (23 aprile- 31 maggio 2014, Mediamuseum Pescara).
28 Cf. Redazione Cityrumors (2017).
29 V. ad esempio il progetto dello studio degli architetti associati D&R in Bene (2015).
30 Cf. Martella (2016). L’impresa esecutrice è la ditta Ludovico Martella di Montesilvano (Pe).
31 Per un approfondimento sul capitolo di spesa, si rinvia a Comune di Pescara (2017).
32 Cf. Il Centro (2019).
33 Cf. Comune di Pescara (2019).


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